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Reclusione da Coronavirus

Mi sveglio rotolandomi dolcemente nel letto, non ricordo che cosa ho sognato, come non lo ricordo quasi mai, posso solo sperare che sia migliore della realtà che stiamo vivendo nel mondo reale.
Simona non mi ha svegliato e quindi ne deduco che non è un giorno lavorativo, deve trattarsi di un sabato mattina.
Mi verrebbe da pensare subito, che bello è sabato, chi sa cosa magnifica possiamo fare, ma poi mi ricordo che siamo in isolamento per il coronavirus e che anche oggi come nei maledetti 14 giorni precedenti, dobbiamo restare chiusi in casa.

La luce che attraversa i fori della serranda è flebile, sospetto che la giornata sia grigia e piovosa. Non dovrebbe importarmi troppo in realtà, tanto non potendo uscire che differenza vuoi che faccia, Invece una volta alzata la tapparella ed osservato il grigiore del cielo, scopro che ha un’enorme importanza sul mio umore.
Farsi cullare da un raggio di sole che riscalda il viso o le mani, restare ad osservare i granelli di polvere che danzano alla luce, mi avrebbe donato un di allegria, un sorriso anche amaro, ma pur sempre qualcosa di positivo.
Invece no, è la più grigia delle giornate che si possono immaginare ed è muta, non si sente niente e nessuno, nonostante non sia tardi stanno tutti chiusi sigillati nelle loro case.
Gli unici a farsi sentire sono questi stupidi pappagalli verdi, non perché non siano belli, ma perché fanno un verso fastidioso e perché hanno invaso la nostra terra che non era mai stata il loro habitat naturale, sono un po’ degli immigrati clandestini che rubano lo spazio e la scena ai nostri passerotti.
Comincio a chiedermi se i nostri uccelli autoctoni siano contenti di averli accolti nella comunità o se non ci sia razzismo anche tra gli uccelli.

Per vivere la quarantena come se fosse un giorno normale, mi lavo e mi vesto ogni giorno per non passare troppi giorni in pigiama e diventare una specie di animale recluso, ma allo specchio ho un aspetto terribile, i capelli crescono senza controllo e non so come fare a tagliarli, la barba li segue a ruota, ma non trovo la forza di volontà per farla, mi sembra quasi inutile dedicarci del tempo.
Comincio a diventare sempre più somigliante ad una scimmia ed il guaio e che nemmeno mi dispiace troppo, mi sono quasi abbandonato a questo stato di reclusione in cui l’evoluzione umana sembra essersi fermata.
Dopo essermi lavato, indosso la solita tuta che ormai mi chiede pietà, in realtà ne ho due uguali e la cambio ogni quattro giorni, anche se l’aspetto che ne deriva è sempre lo stesso, potrebbero scambiarmi per Pippo con la supertuta.
Evidentemente il non doversi confrontare con il prossimo ci porta per natura a dare meno importanza all’aspetto estetico, come se tutto quello che facciamo per apparire lo facessimo soltanto per mostrare una maschera agli altri, ma mai a noi stessi che ci accettiamo in ogni forma ed aspetto.

tempo di reclusione da coronavirus
Oggi non devo lavorare, per fortuna direi, ma qualcuno potrebbe anche urlarli contro che almeno io un lavoro lo conservo ancora. Poco prima della chiusura e del virus ho ritrovato lavoro dopo cinque mesi di inoculazione ed un paio di anni di stipendi arretrati che erano quasi diventati una situazione insostenibile dal punto di vista economico. Così mi sono ritrovato recluso e con due lavori, si ben due, uno nelle prime 10 ore della giornata, l’altro subito dopo fino a notte.
Un doppio lavoro che mi prende tutto il tempo e mi fa vivere la reclusione, già difficile con ancora più ansia ed un senso di star sprecando ore di vita preziose che magari potrei passare diversamente.
Questa situazione mi ha però fatto prendere una decisione importante, di rinunciare al secondo lavoro, perché oltre ad essere difficile da sostenere fisicamente, stava diventando difficile anche moralmente, c’è gente infatti, che a causa della reclusione non può lavorare e non sa come affrontare la crisi ed è giusto che magari trovino qualcuno al momento senza lavoro per affidargli questo compito che può dargli un introito prezioso.

Lo so, forse anche questo vi sembrerà stupido, ma io sono così ed alla fine mi sento anche in colpa quando so che gli altri li hanno problemi, mi piacerebbe che non li avesse nessuno e che nessuno dovesse trovarsi nella situazione di odiare il prossimo. Adesso invece, picche mai sembra che tutti odiano tutti e non so se la colpa sia solo della reclusione o dell’indole umana che in fondo si nutre di invidia.
Lo so che nessuno mi è venuto ad aiutare nei momenti di difficoltà, ma so anche che io nemmeno sono andato a chiedere aiuto, ho stretto la cinghia e fatto una vita più in economia, costringendo forse a farla anche Simona con cui convivo e che è la mia famiglia.

Ora vedo mezza italia che chiede aiuto allo stato e mi interrogo su quanto sia giusto aiutare tutti o escludere alcune categorie e non so nemmeno darla una risposta. So per certo che una gran parte della popolazione non ha mai pagato le tasse, le ha evase ed ora come da sempre, sta avendo le cure necessarie solo perché altri cittadini come me le hanno sempre pagate fino all’ultimo centesimo.
So che negozianti e professionisti che hanno dichiarato per tanti anni di guadagnare meno di 20.000€ all’anno (nonostante SUV e case di proprietà al mare), ora dichiarano di perdere almeno 8.000€ al mese, cosa impossibile se si conoscono le leggi della matematica, ma so anche che molti di loro adesso non possono mangiare ed allora bisogna per forza aiutarli, perché sono persone.
Anche il Papa ha dichiarato che chi evade ed elude le tasse nega la solidarietà sociale ed ha ragione, l’emergenza, le spese sanitarie, le cure, gli ospedali ed anche gli aiuti che verranno elargiti alla popolazione provengono tutti dalle tasse dei cittadini.
La mia speranza è che lo capiscano e che in futuro non ci siano più evasori, ma tutti una volta superata la crisi, si impegnino per essere parte attiva della società ed imparino ad amare anche le tasse, che saranno la nostra salvezza.

Ma tralasciando questi pensieri che sono alimentati dalla rabbia per l’emergenza ospedaliera e per le file di morti che ogni giorno attraversano le nostre città per essere cremati lontano dai propri cari, senza nemmeno un saluto, devo concentrarmi sulla giornata e le cose da fare.

E’ sabato, quindi tocca a me preparare la colazione e preparare l’impasto della pizza per stasera. Ormai è diventato un rito, da quando non si può più andare fuori con gli amici, prepararsi la pizza in casa e berci sopra un paio di birre per cercare di dimenticare.
Siamo diventati esperti panificatori, abbiamo un lievito madre secolare che ci serve per fare il pane ed un paio di panetti di lievito di birra congelati che ci dureranno per molte settimane.
Per fare la pizza infatti basta usare 1 grammo di lievito per 500gr di farina, anche se nessuno pare l’abbia capito, tanto che nei supermercati il lievito è sparito e tutti sembrano essere disperati.
Ho letto perfino che cominciano ad esserci in giro spacciatori di lievito e farina che si stanno arricchendo sfruttando la carenza di questi prodotti, ma sono probabilmente solo fantasie di persone annoiate.
La cosa certa è che però, in tempo di crisi sono diventati tutti, panificatori, ognuno fa il pane e posta le foto su Instagram, ognuno ha imparato a fare la pasta in casa o si vanta di farla da tutta la vita. E’ tutto un fiorire di cuochi disperati che faranno la fortuna dei futuri programmi come Masterchef.
Una popolazione di cuochi pronti a sfidare o vari Cannavacciulo, Vissani e Cracco, per conquistare le future stelle del ristorante casa propria e sognare una nuova professione come ristoratori.

Mentre scrivo queste cazzate, la pasta per la pizza gira nella planetaria e non si vuole incordare, sarà colpa della giornata umida, potrebbe essere necessario impastarla a mano, anche se non ne ho voglia, preferisco lasciare che faccia il lavoro duro la macchina mentre io preparo la colazione.
Tè verde giapponese, per me, orzo per Simona, pane con la marmellata e caffè con la moka. Non mi è mai mancato fare colazione al bar, anche perché non mi piacciono i cornetti e non li digerisco e mi fa male il cappuccino, perché in età adulta mi è venuta la colite da lattosio e stress, ma adesso, per il semplice fatto di non poter andare a fare colazione al bar, mi manca.
Da più di una settimana è anche finito il caffè espresso, noi usiamo quello di Castroni, ma dato che il negozio si trova in un municipio diverso dal nostro non possiamo raggiungerlo, c’è un confine dettato dall’ultima ordinanza che non ci permette di andare a comprare il caffè.
È pur vero che posso anche sopravvivere con lo schifocaffè della moka comprato a livello industriale nel supermercato, ma questa cosa mi innervosisce perché associo la colpa di questa ulteriore restrizione a tutti quelli che non potevano fare a meno di prendere l’auto ed andare a fare la spesa lontano da casa, nonostante ogni quartiere sia invaso da supermercati, loro dovevano andare a fare la passeggiata in auto.
Ma lasciamo perdere, un giorno ne usciremo e la prima cosa che farò sarà andare a piedi fino da Castroni a comprare un chilo di caffè macinato fresco per poi farmi 6 caffè di fila fino a farmi venire la tachicardia. Sono strani i desideri di chi è recluso.

Stamane non vedo in giro anziani per il quartiere, sono l’ultimo baluardo di resistenza a tutte le restrizioni del Corona, nonostante tutto e tutti, loro erano li per strada, temerari e sprezzanti del pericolo, pronti a fare da untori o ad essere contagiati e sfidare la morte, pur di fare la passeggiata per il quartiere. Da quando è cominciata la reclusione erano tutti diventati magicamente diabetici, anche quelli che il giorno prima stavano in forma smagliante, ora improvvisamente dovevano passeggiare per una questione di salute, fregandosene del prossimo.
Credo che le pattuglie non abbiano mai dovuto fermare e controllare tanti anziani passeggiatori come in questo periodo.
Forse si sono arresi per le multe, oppure è semplicemente il maltempo ad averli convinti che è meglio stare a casa a vedere le telenovelas che rischiare la salute di tutti gli altri.

Non ci sono nemmeno gli accompagnatori di cani, oggi non potranno svolgere il ruolo di corriere clandestino e trasportare cibi e cose da una famiglia reclusione all’altra, perché hanno limitato i loro spostamenti nel giro di 200 metri da casa. Giustamente dove diavolo dovevano portarli a fare pipì questi cani, in africa?
I cani stessi credo che ormai siano terrorizzati dai padroni, ed alla ventesima volta che nella giornata vedono il padrone prendere il guinzaglio, vadano a nascondersi stanchi sotto un letto o un divano.


Sono spariti i ciclisti ed i runners, che avevano improvvisamente popolato le strade del quartiere e che sono stati accusati di essere come gli altri diffusori del virus e quindi pericolosi.
Proprio adesso che avevamo scoperto che ogni nostro vicino era un runner o un ciclista professionista e che li vedevamo girare con abbigliamenti insoliti e correre con le superga, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Adesso che avevamo una città di veri sportivi, e che tutti gli altri avevano cominciato ad odiarli vomitandogli dalle finestre la loro frustrazione per la situazione di reclusione, pare abbiano ceduto alle raccomandazioni del governo e siano rimasti a casa.
Certo è facile odiare un runner se sei recluso in casa perché rispetti il prossimo e perché hai paura del virus e non hai il coraggio di indossare un pantaloncino e scendere per le strade, perché quella persona al momento, mentre continuano a morire centinaia di persone al giorno, può sembrarti un vero egoista.
Probabilmente il runner dal canto suo, odia gli altri perché lo odiano e vogliono limitare la sua libertà di fare sport. Il runner crede fermamente che non è infettivo e che tenendosi a distanza non infetterà gli altri ed odia le aziende ancora aperte che ritiene le vere responsabili del contagio che non si arresta.
Insomma tutti odiano qualcuno che odia qualcun altro, tutti scaricano le colpe e nessuno vuole sacrificarsi, ma alla fine abbiamo una sola arma contro il virus ed è bene che nessuno eviti di imbracciarla per difenderci.
Anche io sono uno sportivo, ma per il momento mi alleno nel salotto di casa la sera con youtube, faccio qualche walk at home e yoga e cerco di non farmi male, perché anche quello potrebbe essere un problema al momento, intasare un pronto soccorso o aver bisogno di una qualsiasi operazione, potrebbe essere di intralcio alla situazione già estrema che stanno vivendo negli ospedali, dove sono finiti i posti di terapia intensiva e tutto viene riconvertito lentamente per sopperire all’aumento dei malati.

La dispensa è ancora piena, non dovrò andare a fare la spesa nemmeno oggi, ci è andata Simona ieri ed ultimamente con la scusa della spesa sta uscendo troppe volte, mettendo a rischio, lei, me e suo padre, anche se nonostante sia una persona intelligente, mi sembra che non lo stia comprendendo fino in fondo. Questa reclusione ci sta rendendo tutti più stupidi e ci porterà un giorno ad aver bisogno dell’analista.
Io stesso la sto vivendo malissimo, ho paura ed ansia ed una dermatite che non mi lascia in pace, anche la situazione lavorativa è difficile, nonostante io lavori da remoto, non è facile muoversi su un progetto sconosciuto, sul quale sono entrato da poco, senza il contatto diretto dei colleghi più esperti che si possono sentire solo a distanza tramite call.

Tra l’altro anche se desidero uscire con tutto me stesso e pure gettare l’immondizia mi sembra un momento di libertà fondamentale, ho paura, ho anche paura di incontrare un carabiniere e dovergli spiegare che non ho stampato una autocertificazione, con il modulo modello numero 4, per poter arrivare al secchione sotto casa. Ho paura di tutto e ricordo l’ultima mia esperienza al supermercato come qualcosa di terribile.

Ci sono andato circa dieci giorni fa con Simona, perché dicevano si potesse fare la spesa in due quando si vive nello stesso appartamento e ci eravamo per questo preparati anche i moduli di autocertificazione modello 2 o 3 non ricordo, per giustificare il nostro uscire di casa per arrivare fino al supermercato e poter tornare indietro in sicurezza.
Il sole splendeva alto e faceva caldo nonostante, sembrava quasi che la primavera per dispetto si fosse anticipata facendomi soffrire di più le giornate in casa. Per strada quasi mi girava la testa, non ero più abituato a tutta quell’aria ed a respira qualcosa che non fosse l’aria viziata di casa, forse anche la pressione atmosferica di un luogo aperto mi faceva sentire un tantino ovattato, disadattato, sbilenco nei passi.
La strada principale del quartiere sembrava una di quelle strade delle cittadine abbandonate dei film western, ci mancavano le balle di fieno rotolanti sostituite da qualche automobile che approfittava della strada semivuota per sfrecciare a velocità impossibile.
Nelle poche centinaia di metri dal supermercato ricordo che abbiamo incrociato soltanto due persone, che si sono tenute a debita distanza nel passarci di fianco ad almeno un paio di metri, per un attimo ho incrociato i loro sguardi da dietro le mascherine chirurgiche, mi guardavano con sospetto, un pò come gli incroci di sguardi dei film di Sergio Leone, stavano cercando di capire chi fossi e dove fossi diretto e perché mi trovassi libero per strada nonostante l’isolamento imposto dal terzo decreto d’urgenza.
Nessuno più si fidava di nessuno, tutti increduli a giudicare e diffidare del prossimo ed in fondo al cuore ad odiarlo, perché si insinuava nelle menti di tutti l’idea che l’altro potesse essere colpevole della situazione e non giustificabile.
Ma la sorpresa più grande ci attendeva nei pressi del supermercato, la fila per entrare era pilotata da carrelli incatenati e come un serpente girava più volte nel parcheggio fino a riempirlo del tutto, per poi andare oltre lungo la strada e così via, fino all’infinto ed oltre, tanto da potersi confondere con le file degli altri negozi di alimentari, unica speranza per i cittadini reclusi ed affamati.
Armati di disperazione e di pazienza ci siamo accodati al gruppo, che anche se nessuno vorrà mai ammetterlo è un perfetto assembramento da diffusione del virus, ma dato che è un assembramento per beni di prima necessità, è consentito.
Nella fila ordinata e silenziosa Simona ha deciso che anche noi dovevamo mantenere una rigida distanza di sicurezza, nonostante vivessimo sono lo stesso tetto, ora dovevamo stare in fila, con guanti, mascherina ed ad un metro di distanza.
Non so dove avessero preso tutti gli altri le mascherine chirurgiche, ormai introvabili in zona, ma noi eravamo gli unici ad averne un modello di cotone cucito a mano da una nostra amica.
Il cellulare era carico, l’avevamo caricato per sicurezza prima di uscire di casa, supponevamo potesse esserci, fila, anche se non avrei mai pensato che potesse essere così esagerata. Dopo una lunga attesa, avanzando a pochi passi, nei pressi dell'entrata, ho dovuto per una volta dar ragione a Simona che nella sua avversione per il tecnologico, aveva pensato a scrivere la lista per la spesa su un foglietto di carta, molto più pratico da tenere in mano con i guanti e soprattuto non dipendente dalla batteria che ormai chiedeva pietà.
Ormai sulla soglia, con un crudeltà incredibile, l’addetto alla sicurezza ci hai intimato l’alt, avendo sgamato che ci conoscessimo, e ci ha detto che poteva entrare soltanto una persona per nucleo familiare.
Simona senza neanche pensarci due volte si è defilata e mi ha lasciato li da solo, con due buste in mano ed un foglietto di carta e con l’insicurezza, l’ansia e la paura di dover affrontare per la prima volta da solo la spesa in epoca di corona virus. L’addetto vedendomi imbambolato e confuso, mi ha pregato di entrare o toglierei da li e mi ha porto una scatola dove dentro c’erano un paio di guanti di plastica, di quelli che si usano per prendere la verdura da soli al banco, così senza fiatare li ho presi ed ho capito che era obbligatorio indossarli sopra i miei guanti di lattice.
Da solo con le buste poggiate sulla piega dei gomiti, un doppio paio di guanti, la mascherina e quel cavolo di foglietto piegato, mi sono avventurato, con la giacca chiusa ed il cappello in testa per le corsie del supermercato, avendo perfino paura di aprire il giacchetto e di togliere il cappuccio per non contaminarli in qualche modo con le mani ed i guanti che avevano toccato gli alimenti, che avevano toccato le buste, insomma che potevano ormai essere infette.
E’ stata l’esperienza di spesa più traumatica della mia vita, cercando di tenermi quanto più possibile lontano dalle persone che per motivi a me sconosciuti mi passavano di fianco e si avvicinavano a distanze che non avrei mai immaginato di tenere più con persone al di fuori del mio nucleo ristretto familiare.
Perché con tanto spazio dovevano avvicinarsi tanto a me che sembravo anche un disadattato con il cappuccio che stava li a litigare per decine di minuti con una cazzo di busta di plastica del reparto ortofrutticolo, per riuscire ad aprirla con il doppio quando e senza poter soffiare sul bordo, perché non capivano che poteva essere rischioso? Cosa ci facevano in giro tutti quegli anziani invece di starsene chiusi in casa? Come diavolo avrei fatto a pesare la spesa senza toccare i tasti del tastierino numerico che venivano toccati da chissà quante persone potenzialmente infette.
Tuttavia la cosa più traumatica di tutte è stata dopo aver litigato per 30 minuti con le buste ed aver caricato le buste che avevo sulle pieghe dei gomiti di un peso indescrivibile, vedere un energumeno enorme, pelato e peloso, aggirarsi a fare la spesa, senza guanti e senza mascherina mentre toccava ogni genere di alimento ed incazzato brontolava di queste stupide imposizioni del governo, delle quali se ne fregava.
Sono rimasto li immobile per qualche minuto pensando su cosa fosse giusto fare, togliermi la mascherina e rischiare l’infezione litigando con l’energumeno per fargli capire che era uno stronzo strafottente e che si doveva preoccupare per gli altri prima di se stesso, con il rischio di finire gonfio di botte al pronto soccorso, dove avrei comunque potuto mettermi a rischio di infezione, oltre ad occupare posti necessari agli altri, oppure lasciare tutta la spesa comprese le buste li per terra e scappare via lontano per non infettarmi con le cose che come quella bestia chi sa quante altre persone avrebbero potuto toccare senza guanti prima di quel momento.
Ma la codardia di dover anche affrontare una cazziata di Simona, mi ha fatto desistere e scegliere di continuare a fare la spesa, cercando di stare più lontano possibile dall’energumeno incazzato.
Così scappando da una corsia affollata a quella sempre più libera, e guardando con sospetto le persone che si avvicinavano, cercando di fulminarle con lo sguardo, sono riuscito ad infilare nelle mie buste tutta la spesa necessaria ed il bigliettino maledetto che non sapevo dove gettare.
Arrivato alla cassa, dove non c’era nessuno in coda, ho dovuto affrontare altri dilemmi e drammi incredibili, il primo è stato se rovesciare tutti gli acquisti sul rullo di gomma della cassa che era evidentemente sporco ed umido, o passarli a mano alla cassiera, che aveva i suoi guanti di lattice chi sa da quante ore ed il sudore che le fuoriusciva dal bordo dei guanti. Terrorizzato li ho rovesciati sul rullo temendo comunque il peggio, ma non era ancora finita, la commessa mi ha chiesto di darle la card per i punti e per usufruire degli sconti, raggelando il mio sangue. Come avrei potuto prendere il cellulare, sbloccarlo con i doppi guanti, trovare l’applicazione delle card dei punti, e restando a distanza di sicurezza fornirle il codice?
Tutte le norme di sicurezza bruciate in una sola azione sconsiderata che non ho avuto il coraggio di evitare, dato lo sguardo severo della commessa che mi esortava a fare poco lo scemo e tirare fuori questo benedetto codice. Avrei potuto lavare il cellulare in seguito, cercano anche un modo di pulire la tasca interna del giaccone dove l’ho riposto subito dopo l’uso.
Recuperando poi le derrate dallo scivolo metallo dove prima di me avevano raccolto le loro tanti altri clienti ho immaginato che se ci fosse stato il virus nel supermercato saremmo stati tutti condannati a prendercelo.
Stavo salutando la commessa per fuggire via lontano, quando ho sentito pronunciare una cifra, così ho incrociato per un attimo ancora lo sguardo della commessa ed ho capito che si aspettava da me qualcosa, un ultimo sforzo, un ultimo gesto ancora più pericoloso, dover tirare fuori dalla tasca interna il portafoglio, prendere il bancomat, coni i guanti possibilmente contaminati, premere i tasti del tastierino numerico del bancomat che avevano premuto migliaia di persone prima di me, rimettere il bancomat nel portafogli e poi posare il portafogli ormai contaminato nella tasca interna del giaccone.
Tutto questo mentre ormai sudavo freddo dalla paura e dal non avere previsto tutti questi possibili punti di rischio che non potevano essere evitati da nessuno che si trovasse a fare la spesa al supermercato.
Un po’ rassegnato ed un po’ deluso dal non poter fare tutto in sicurezza, ho pagato, ho rimesso a posto il portafogli, ho salutato e sono andato via senza dire una parola, nemmeno a Simona che mi aspettava di fuori ormai abbronzata.

Con le braccia distrutte dal peso della spesa, la mascherina che non mi fa respirare ed i doppi guanti che non ho più il coraggio di togliere torniamo a casa ripercorrendo la stessa strada desolata, senza incrociare nemmeno un passante, poi un attimo prima di arrivare a casa Simona mi dice che conviene prelevare, non si sa mai ci dovessero bloccare anche i bancomat.
Sono scettico a riguardo ma nella condizione mentale in cui i trovo, direi di si a qualsiasi cosa, così accetto e vado ad affrontare anche il tastierino numerico della banca, che sarà infetto anche più degli altri, ma ormai che importa, ho i guanti già infetti non può cambiare molto.
Invece si, dove pensate di poterli mettere i soldi di un bancomat che non sai chi li ha maneggiati prima se non in un portafogli che sta nella tasca interna della giacca? Lasciamo perdere tanto è tutto inutile, non se ne esce da questa storia, ma poi che diavolo ci devo fare con i contanti se sono bloccato in casa e l’unico posto in cui posso andare è il supermercato una volta a settimana, non mi è dato saperlo.

Rientrati in casa mi assale un altro dubbio amletico, la spesa sarà infetta? Devo disinfettarla con l’alcol etilico o devo metterla in quarantena sul mobile all’ingresso che poi diventerebbe una zona infetta da tenere in esilio? Quanto durerò il virus sul cartone delle uova e sulle confezioni dei biscotti? Non so più niente, sono nel panico, non so neanche se devo togliermi prima i guanti e poi il cappotto, se devo gettare i guanti fuori dalla porta, se devo mettere via la spesa con i guanti o senza, non so più niente sono confuso e comincio a fare tutto a caso vanificando le attenzioni di tutta la giornata.

Ma la spesa oggi non la devo fare e spero che Simona non voglia inventarsi che deve andare a comprare qualcosa per farmi stare un po’ di più in ansia, non posso reggere carica simili di ansia senza che prima o poi mi venga un colpo.

Per fortuna oggi è sabato e stasera faremo la pizza e berremo birra, quanto può essere di aiuto l’alcol in casi simili nemmeno lo immaginate, ma sta per finire e quindi doverlo ricomprare mi causerà altra ansia, così per evitare decido di provare l’esperienza della spesa online, dato che tutti ci dicono di non uscire sarà una svolta positiva nella nostra gestione familiare dell’emergenza da isolamento.

Apro Amazon, ma ha finito la farina e gli alcolici sono pochissimi, c’è giusto qualche disinfettante che non è nemmeno Amuchina e farine da 10€ al chilo, non dovrò mica fare il pane d’oro, così ci rinuncio e passo al setaccio tutti gli altri venditori online.

Tutti parlavano di Carrefour così mi ci butto a capofitto, ignorando gli articoli di chi parlava di coda di attesa di un ora, mi collego ed appare un omino che cammina in una barra di scorrimento, dice che ci metterà solo 15 minuti a percorrere la barra e poi potrò fare il mio ordine, così felice chiamo Simona e le mostro l’omino, facendo partire tutte gli avvisi di solidarietà verso gli amici che da casa hanno bisogno della spesa ed avvisandoli che c’è una coda di soli 15 minuti.
In realtà ne passano almeno 20, ma non ha importanza perché mi si apre il sito e sembra esserci tutto quello di cui abbiamo bisogno, pelati, birre, farine per dolci che la gente ha ignorato, ma che in fin dei conti sono normale farina 0 e perfino i surgelati.
Così lentamente, un click per volta riempio il carrello, stando attento a non far chiudere la pagina o a non generare nessun errore che possa farmi finire di nuovo nella coda con l’omino che cammina e dopo 40 minuti di consultazione, ho il carrello bello pronto.
Vado ad inviare l’ordine ed ecco la sorpresa, non ci sono fasce d’orario disponibili per la consegna, ne oggi, ne domani, forse non ci saranno mai, perché loro non gestiscono gli ordini come tutti gli altri siti online, semplicemente ti lasciano così appesi nel nulla dicendoti di riprovare dopo la mezzanotte.
Le imprecazioni contro l’inutilità di questo servizio si sprecano, tanto che lo sconforto mi spinge anche a farne un post su Facebook, dove i leoni da tastiera che fine a pochi giorni prima parlavano male dello stesso servizio, sono pronti a ruggirmi contro ed a ricordami di lasciare i servizi online agli anziani che non possono andare a fare la spesa. Anche gli amici mi danno contro e mi fanno sentire in colpa perché come suggerito dal governo volevo evitare di uscire e mettere a rischio me, Simona ed anche i genitori a cui avremmo poi dovuto portare parte della spesa.
Così racconto la mia esperienza online agli amici e conoscenti su Facebook e tutti mi danno contro, qualcuno addirittura mi accusa di occupare i servizi online che servono per gli anziani. Provo allora ad immaginare mio suocero o mia madre che fanno la spesa online, ma mi sembra una stronzata, non sanno nemmeno come si ordina un prodotto su amazon, figurati sopravvivere al servizio di Carrefour. Comunuque per non offendere la sensibilità dei miei amici leoni da tastiera mi faccio prendere dai sensi di colpa e rischierò nuovamente andando a fare la spesa al supermercato..

Intanto si è fatta l’ora di pranzo ed ho solo voglia di spaghetti con il pomodoro, non so che cosa mi abbia fatto la quarantena, ma in questi giorni ho sempre e solo voglia di spaghetti al pomodoro, come se tutto il resto del cibo avesse perso ogni tipo di appeal ed i vari programmi di cucina fossero improvvisamente diventati inutili.
È vero che preso dal panico della pandemia e preoccupato dalle notizie delle persone che svaligiano i supermercati, mi sono fatto una scorta infinita di fagioli in barattolo.
Perchè proprio i fagioli e non altri cibi in scatola? sarà dovuto ai troppi film americani dove nelle emergenze avevano sempre delle scatole di fagioli da consumare, per non parlare poi dei film western dove pare che quando ci si perda nel deserto, si abbiano sempre a disposizione delle scatole di fagioli da scaldare direttamente sul fuoco.
Vogliamo poi parlare di Bud Spencer o di Terence Hill che li mangiano direttamente dalla padella con il cucchiaio di legno anche a colazione?
Devono per tutti questi motivi essere entrati a far parte del mio immaginario collettivo di cibo pronto in caso di emergenza.
Solo che non ho alcuna voglia di fagioli e per questo discuto con Simona e la spunto su un piatto di spaghetti alla puttanesca, c’è il pomodoro e ci sono anche gli spaghetti, non posso chiedere di meglio, mi metto all’opera e mentre lei segue una lezione di total body su Skype con tutto il gruppo di amici della palestra io cucino.
Cucinare mi rilassa anche in situazioni come questo, mi fa dimenticare tutto il resto, se non fosse per questo maledetto Rainews24 sempre acceso, così lo spengo e lascio che la musica di merda delle radio dei vicini si diffonda dentro casa.
Non si possono scegliere i propri vicini, ma nemmeno si possono sopportare le musiche di radio italia, RTL e tutta la monnezza simile che ascoltano, perché non ho vicini che ascoltano i Pink Floyd ed i Genesis, proprio non me lo so spiegare. Per sopravvivere, mi infilo una cuffia e così mi chiudo in un mondo ovattato tutto mio, mentre il sugo sobbolle, e l’acqua per la pasta si scalda continuo a scrivere questo racconto che immagino via avrà già annoiato e depresso inverosimilmente, solo che per me è una specie di seduta dall’analista e sperare che qualcuno lo legga e magari voglia commentarlo mi fa sentire subito meno solo.

Simona finisce la lezione ed io, butto la pasta, terminologia napoletana per indicare il gesto di immergere gli spaghetti nell'acqua già salata che bolle nella pentola sul fuoco.
Così ottengo i miei spaghetti al sugo e per un pò dimentico tutto, almeno fino a quando non riaccendiamo Rainews24 che riprende a parlare di morti, contagi, infezioni e leader mondiali che hanno preso sottogamba una pandemia pericolosissima.
Così per un attimo ripenso a tutti quegli stupidi con cui ho dovuto litigare sui social che per settimane hanno continuato a dire che si trattava di una semplice influenza. Si perché in Italia, oltre che allenatori e politici, ora sono diventati tutti virologi, piccoli chimici che producono l’Amuchina in casa da soli ed esperti panificatori che infilano quintali di lievito dappertutto. Ho sentito perfino di persone che dicevano che bastava bere il tè caldo per uccidere il virus, dato che non sopravviveva oltre i 24 gradi, come una manna dal cielo ripetevano questi mantra che gli erano stati consegnati da un cugino dottore, dall’amico virologo o dal panettiere del supermercato che nel tempo libero studiava medicina.
Come no, lo stesso stupido messaggio che ognuno spacciava come promulgato dalla sua fonte autorevole di fiducia. Sarebbe bastato anche solo rendersi conto che non c’era una fonte autorevole, ma solo un messaggio identico che tutti spacciavano per apparente a persone diverse per rendersi conto che era una gran cazzata.
Lasciamo perder questi discorsi perché non se ne esce e perché le discussioni del momento, sono incentrate sull’economia, dove tutti sono economi e suggeriscono soluzioni alla crisi economica del paese, chi ha parità iva vuole aiuti per sopravvivere, chi è negoziante dichiara perdite per 8000€ al mese anche se poi in un anno dichiarava un reddito di 20.000€/30.000€, chi vuole gli aiuti dall’Europa da cui il giorno prima voleva separarsi, chi vuole uscire dall’Europa e stampare debito, chi vuole estendere il reddito di cittadinanza, tutti voglio ma fino ad un mese fa, mezza italia evadeva allegramente le tasse e se ne sbatteva di stato e sanità pubblica.
Mentre tutti suggeriscono soluzioni, io spero solo che finisca presto e che si possa affrontare poi la ripresa, aiutando tutti, ma senza indebitare fino al collasso questo povero stato.
Intanto preparò un caffè con la moka e mentre lo maledico, mi dico che mi convertirò a comprare un pessimo caffè industriale da espresso, perché non ne posso più di brodaglia lunga, rivoglio l’espresso.

Oggi piove, non possiamo metterci in balcone coccolati dal sole caldo a bere il nostro caffè e poi il ricodo dell'ultima esperienza di caffè in balcone, ancora non mi lascia dormire sereno la nottte.
Ci eravamo appena posizionati sulle due sedie all'estremita sinistra del balcone, l'unica in cui nel primo pomeriggio si concetra un po' di sole e l'unico punto in cui entrano un paio di sedie e stavamo sorseggiando il caffè, quando noto che Simona sta guardando felice qualcosa alla sua sinistra.
Non capisco subito di che si tratta, ma durante il secondo sorso di caffè, mi vedo passare con la coda dell'occhio sinistro una bolla di sapone, seguida da altre bolle.
Penso subito, che bello le bolle di sapone, ma poi un attimo dopo, mi si gela il sangue e comincio a sudare freddo. Da dove vengono quelle bolle? chi ci avrà soffiato dentro? saranno piene di droplets e quindi veicolo di coronavirus?
Così sbiancato dal terrore ed ormai circondato da alcune bolle faccio appello alla paura ed il mio istinto di difesa e comincio a contorcermi come Neo nel film Matrix.
Non so neanche come ci riesca a farlo, ma piegato in una posa fuori dal comune, evito il passaggio di tre bolle che si spostano poi verso l'esterno e vannno ad esplodere a circa un metro e mezzo fuori dal balcone.
Terrorizzato grido a Simona, presto andiamo via è pericoloso, lei mi guarda con aria stranita soprattuto perchè mi ha visto assumere quelle pose per evitare le bolle, ma anche se non capisce, vede il colore bianco del mio volto e la mia espressione e mi segue dentro casa.
Ora non so se le figlie delle vicine possano essere infette dal virus o meno, ma perchè devo rischiare restando in balia dell'esplosione delle loro bolle? Di sicuro ogni giorno dalla vicina passa a trovarle il nonno e spesso arrivano anche delle sue amiche o bambini del vicinato che passano a trovare le figlie.
Così l'unico mio contatto con l'aria esterna è diventato per ora un rischio che non mi sento di affrontare e che mi farà restare ancora di più tappato in casa.

Nel pomeriggio Simona mi ha chiesto di passarle la tinta, dopo 20 giorni di reclusione pare non possa sopportare l’idea della ricrescita e di non potersi mostrare a me se non con i capelli perfetti, così mi sono spogliato per non sporcarmi e mi sono occupato di questa pratica in cui pare sia bravo. Mi domando solo perché quando la fa il parrucchiere, che prendere anche una cifra considerevole, la tinta duri molto di meno rispetto a quella fatta in casa.

Avrei tante cose da fare a casa, mi sembra che nonostante tutto mi manchi il tempo per farle, così lascio che la giornata continui a scorrere senza fare niente di davvero utile, oltre a scrivere, intanto sono le 18:00 l’ora del patriottismo, tutti si affacceranno al balcone per cantare insieme commossi l’inno nazionale ed accodare poi dopo, qualche canzone di cantautori italiani molto datati che tutti conoscono, per poi concludere con Roma capoccia, che noi romani di adozione non riusciremo mai a comprendere.
Ma forse per il freddo o forse perché anche la gente ha perso la speranza, o forse perché semplicemente si sono rotti di cantare dal balcone, anche questa pratica che mi ricordava molto lo squadrismo dei Balilla è passata nel dimenticatoio. Restano solo i teli sventolanti dove i bambini del quartiere hanno disegnato l’arcobaleno con la scritta andrà tutto bene.

Intanto la conferenza della protezione civile è già iniziata e non c’è nemmeno più Borrelli a parlare che si è ammalato di coronavirus.
La speranza di tutti gli italiani di vedere il grafico delle maledette curve di contagio scendere è di nuovo disillusa, si è arrivati a mille morti al giorno e 4000 nuovi contagiati e nonostante un trend lievemente in calo è davvero sconfortante e terribile, capire che ci vorrà ancora molto tempo prima di uscirne.
Nel nuovo decreto, il primo ministro Conte ci spiega che aiuterà tutti e che nessuno verrà lasciato in difficoltà, ma temo che anche lui non ne sia davvero convinto, nonostante le buone intenzioni e l’essersi preso la responsabilità della crisi, ho letto di molta gente che lo odia e che addirittura gli augura i peggiori mali. Io invece sono convinto che siamo fortunati al momento ad avere un presidente così e non pericolosi elementi di centrodestra che avrebbero causato una catastrofe con le loro tante parole ed il cambiare continuamente opinione su cosa sia giusto fare. Con la reclusione forzata, una speranza di evitare il peggiorarsi della crisi l’abbiamo ed abbiamo anche l’esempio cinese che ha dovuto affrontare prima di tutti la stessa situazione, che ci indica l’unica via al momento realmente percorribile.
Non vorrei cominciare però a diventare anche io un economo del web, quindi lascio queste decisioni importanti a governo ed OMS e cerco di avere fiducia che prima o poi riusciranno a fermare il virus.

Anche il Papa ha voluto fare qualcosa, per il popolo dei credenti, dando a tutti la benedizione plenaria da una piazza San Pietro vuota, tra la pioggia ed i gabbiani, un gesto che non ha precedenti nella storia della chiesa e che molti hanno criticato senza nemmeno comprenderne la portata storica. Ha benedetto tutti a distanza, attraverso qualsiasi mezzo tecnologico moderno uno stesse usando in quel momento, superando i vincoli delle cerimonie tradizionali dove conta, la presenza, la comunione con l’ostia ed il vino, dove conta l’unione delle persone.
Anche io che non ho un rapporto proprio sereno con la fede e che da sempre sono in cerca di qualcosa in cui credere, sono rimasto toccato da questo gesto di umanità e cambiamento, da questo uomo con una forza immensa che sembra quasi disperato, nonostante la fede, nel chiedere aiuto al Signore per tutta l’umanità.
Peccato che qualcuno abbia pensato di strumentalizzare il tutto pubblicando al foto di una nuvola nel cielo, dicendo che fosse l’apparizione della madonna in piazza San Pietro. Non credo ci sia più bisogno di queste cose nella società moderna.

pizze fatte in casa
La tv mi ricorda che stanotte le giornate si allungheranno e che bisognerà spostare le lancette in avanti, al momento questa notizia che normalmente mi avrebbe rallegrato, mi scivola addosso con indifferenza, non posso fare a meno di pensare che si allungheranno ma saranno uguali da dietro una finestra.
Mentre mangio le pizze fatte in casa, di cui ormai conosco a perfezione, impasti, lievitazioni e tecnica, cerco di non pensare a niente, bevo la birra che mi illudo mi possa servire a dimenticare quanto sta accadendo in questo nefasto periodo storico.
Per un po’ funziona bene e non ci penso, mi gusto la mia marinara, la Bismarck, la pizza ai carciofi e la margherita per poi finire sul divano con lo stomaco pieno ed il fiato corto a cercar di digerire.

serata sul divano
Ma mentre guardo le serie tv su Netflix che ha ridotto la qualità per sopperire alla richiesta crescente, mi accorgo di ripensare alla situazione che stiamo vivendo.
Mi sembra quasi un film dell’orrore, un sogno ad occhi aperti dal quale prima o poi mi sveglierò scoprendo che non c’è niente di vero e che la vita è quella di sempre, non c’è mai stato un virus che ha costretto la popolazione mondiale alla reclusione e non sono mai morte tutte queste migliaia di persone.
Forse non è altro che un meccanismo di difesa che ci permette di confondere la realtà ed immaginarla migliore.


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